Pugnalata e murata viva: da secoli il suo fantasma abita nel castello

 

 

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RIVE D’ARCANO (Udine) – «Io e mia moglie non ci viviamo, in castello, perché così, come abbiamo voluto mantenerlo, originale, intatto, non è possibile. Ma la custode, che abita nella vecchia torre, la presenza dello spirito della contessa Todeschina di Prampero la sente e non le fa paura. Dice di berci anche il the insieme, con i biscotti».

Siamo ad Arcano, nel comune collinare friulano di Rive d’Arcano, in uno splendido maniero medievale racchiuso da una cinta muraria di cui si ha prima traccia in documenti del 1161. Il castello, isolato rispetto ai centri abitati, immerso nel verde, soprelevato, tra i vigneti, per 300 anni appartenuto alla stessa famiglia, è di quelli che ti affascinano subito, nel silenzio nella sua maestosità, nella forza delle sue possenti mura, e nella storia, anche terribile, di chi ci visse e vi trovò una morte atroce. Ce la racconta l’attuale proprietario, Paolo Tedesco che, insieme a sua moglie, apre il maniero per la manifestazione Castelli Aperti, prevista per sabato 30 settembre e domenica primo ottobre, o per pochi eventi particolari, come matrimoni e cerimonie.

«Un po’ è storia vera, un po’ è leggenda. Di certo, se dovessi dormirci una notte, tra cigolii e rumori sinistri, conoscendo la storia di questo maniero, un giro di chiave alla porta lo darei – dice Tedesco -; la parte vera è quella delle nozze di Todeschina “Prampera” con Alfonso D’Arcano. Lei porta una ricca dote come dimostra un quadro che conserviamo ancora: la si vede ritratta con una mano su un forziere e con la finestra aperta, che stava a significare ricchezze di ori e denari ma anche di proprietà». Siamo nel 1635. Dopo il matrimonio Alfonso muore e lei resta vedova. «Al tempo due erano le scelte per le donne in quella condizione: tornare dalla famiglia d’origine con tutta la dote e restare a lutto a vita, chiuse in casa, o entrare in convento; di certo nessuna delle due era allettante».

«Per questo, quando il cognato Francesco D’Arcano, fratello del marito defunto di Todeschina, la chiede in moglie in seconde nozze, per non rischiare di restare in braghe di tela, perdendo cioè tutta la ricchezza della concessa, questa accetta subito: meglio un nuovo marito che la vita di clausura o il lutto per sempre. Ma non sa che quella sarà la sua condanna a morte. A Francesco D’Arcano, infatti, non garba la moglie del fratello: vuole solo i suoi averi. Così diffonde pessime voci sulla condotta della contessa: è una donna di facili costumi, è un’adultera. Lo ha tradito. E quel al tempo significa pena di morte: è storia la condanna della povera donna, che pare non avesse commesso adulterio. Pare anche vero che fosse stato proprio suo marito in seconde nozze a eseguire la pena: Francesco la trafisse più volte con un pugnale e le strappò un drappo di abito insanguinato, a memoria, drappo che qualcuno crede ancora nascosto in castello, anche se noi non l’abbiamo mai trovato».

Murata viva

Qui finisce la storia e comincia la leggenda. Una leggenda, tuttavia, che troverebbe fondamento in alcuni resti trovati nel castello a metà del secolo scorso. «Agonizzante per le pugnalate ricevute, la contessa riuscì a intingere il dito nel suo sangue e a scrivere le iniziali del suo nome prima di essere murata viva, in una parte del muro del castello, dove poi morì per le coltellate. Durante alcuni lavori di sistemazione nella prima metà del 1900, nel punto in cui si racconta che Todeschina fu murata, sono state effettivamente trovate delle ossa umane, di donna. Al tempo il castello non era della mia famiglia perché solo nel 1961 mio nonno materno lo comprò. Non sappiamo dove finirono quelle ossa e se fossero della contessa uccisa in maniera così efferata. Di certo c’è che qualcuno sente la sua presenza». Si dice che la sventurata nobildonna viva in forma di fantasma nel castello e che continui a perseguitare gli eredi della famiglia Arcano.

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